Capitolo 4.

Morto che cammina

 

Se c'è una cosa che si può dire dei wakandani è che sanno fare le cose in grande. Ogni cerimonia che si tiene al palazzo reale colpisce l'occhio per la sua opulenza pur mostrata senza ostentazione o almeno così era dai tempo di T'Chaka. In passato i Re tendevano ad essere molto più altezzosi e a giocare al rialzo ogni volta che dovevano imbastire un evento importante così da poter impressionare i capi nemici che spesso venivano inviatati ad assistervi, fosse essa una celebrazione al Dio Pantera o addirittura un funerale. Anzi erano proprio le cerimonie funebri quelle più ricche di sfarzo e poteva capitare che ad officiarle si chiamasse in via del tutto eccezionale un membro del Clan Iena [1] , più avvezzo e ferrato nel trattare i cari estinti e le faccende che riguardavano l'ultimo addio. Questo è ciò che gli archivi storici wakandani raccontano sull'alta considerazione che il popolo aveva per i funerali, dunque chi possedendo queste informazione avesse guardato alla triste processione che stava avvenendo sulle scale del Palazzo Reale sarebbe rimasto sorpreso. C'era solo la famiglia reale al gran completo che camminava in silenzio accanto a una bara sospesa in aria, che fluttuava avanzando lentamente verso il centro dello spiazzo che si trovava ai piedi della scalinata. T'Challa procedeva davanti assieme a S'Yan e dietro di loro venivano Ramonda e Shuri, seguiti poi a poca distanza da una taciturna Monica Lynne e da Hunter. Il gruppo si posizionò accanto alla bara non appena questa si bloccò e T'Challa osservò con sguardo serio anche i suoi ministri sopraggiungere da un lato della piccola piazza e portarsi accanto a loro. Quindi dopo aver lanciato una addolorata occhiata a S'Yan, che sembrava diventato davvero l'ombra sbiadita di sè stesso parlò per primo verso i suoi sudditi che erano venuti ad assistere all'ultimo saluto a suo cugino.

<Sapete, io e T'Shan non siamo mai andati d'accordo. Lui è sempre stato estremamente critico con il mio modo di guidare il nostro paese, e spesso questo ci ha portato a litigare in maniera piuttosto aspra. Ciò non toglie però che T'Shan era un membro della mia famiglia. Era mio cugino e il figlio di uno dei migliori uomini che io abbia mai conosciuto, e voglio assicurarvi che chiunque abbia causato la sua morte sarà trovato. Sarà trovato e giudicato secondo le nostre leggi, poichè mai pena sarà più grande del dolore che quest'oggi affligge me e la mia famiglia. Ora però vi prego di ricordare mio cugino...nei suoi pregi come nei suoi difetti, onoratelo come merita!>

Detto ciò T'Challa indietreggiò per dare spazio a chiunque volesse ricordare con parole sue T'Shan. Le persone si susseguirono e a ogni loro frase il Re Pantera sembrava scoprire lati della personalità del cugino che non conosceva, dalle voci di chi invece aveva avuto rapporti diversi da quelli conflittuali con lui. Si rammaricò di non esser mai andato oltre la loro reciproca antipatia e aver cercato di conoscerlo meglio. Per tutto il resto della cerimonia evitò di guardare a lungo S'Yan e anche questo non potè non farlo sentire in colpa. Semplicemente vedere suo zio, colui che da bambino era stato il suo eroe in quello stato era capace di far precipitare il suo cuore in un abisso oscuro, più nero di quello dove il Dio Iena ha la sua dimora. Non c'erano dubbi che chiunque costituisse la causa della morte di suo cugino l'avrebbe pagata a caro prezzo, questo poteva giurarlo. E nonostante la promessa fatta al popolo non poteva garantire che ciò sarebbe avvenuto secondo le leggi wakandane.

 

L'uomo di blu vestito si dondolava su una vecchia sedia di legno, il cappello calato sulla fronte e un vecchio giradischi che accanto a lui suonava una canzone di Cab Calloway, all'ombra di una veranda. Nelle sue mani una piccola creatura si muoveva velocemente da un palmo all'altro e l'uomo la osservava assorto, totalmente noncurante della frenetica vita cittadina che si svolgeva attorno a lui. Improvvisamente un ragazzino in bicicletta parcheggiò il suo mezzo davanti al giardino della sua villetta battendo dunque il pugno sul piccolo cancello di legno come a voler attirare la sua attenzione. Vedendo che l'uomo non lo ascoltava nemmeno provò quindi a chiamarlo.

<Signor Toile[2]!! Signor Toile!!>

L'uomo trovò che il piccolo Timothy potesse migliorare ancora la sua pronuncia francese. Invece che pronunciarlo Tuàll come la lingua corretta vorrebbe, lo faceva alla inglese chiamandolo Tòill. Piuttosto irritante ma dopotutto c'era stato di peggio. C'era chi per farsi beffa di lui lo aveva chiamato Signor Toilet e subito dopo non era stato più in grado di ridere per il resto della sua vita. Non che lui non possedesse senso dello humor ma odiava quando i mortali si mostravano troppo impertinenti nei suoi riguardi. Decise di dare udienza al bambino e sollevò con l'indice la visiera del cappello potendo così guardarlo in faccia.

<Cosa c'è di così urgente da disturbare la mia siesta, Timothy?>

Il ragazzino fece cadere lo sguardo sulla sua mano e notò la vedova nera che stazionava sul suo palmo. Sgranò gli occhi anche se altre volte aveva visto il signor Toile giocare con animali pericolosi, che nelle sue mani diventavano docili come agnelli.

<Un uomo è venuto al pub. La cercava. Sembrava un haitiano come lei ma puzzava come un morto>

Un ghigno si disegnò sul volto di Toile.

<Un morto eh? E cosa ti ha detto questo signore?>

<Ha detto di riferirle che il leone è entrato nella tana della pantera...non so cosa significhi> disse Timothy grattandosi la testa perplesso. Toile tirò fuori dalla manica un dollaro lucente, come un abile prestigiatore, lanciandolo al ragazzino che lo afferrò al volo. Un dollaro vero per una volta, non una delle sue monete false.

<L'ho capito io, questo è l'importante. Grazie dell'informazione ragazzo. E dì a tuo padre di tenermi quel suo whiskey speciale in fresco. Più tardi passo da voi>

Timothy annuì quindi dopo aver lanciato ancora uno sguardo al ragno che Toile teneva nel palmo della mano che non aveva usato per prendere il dollaro, salì in bicicletta cominciando a pedalare spedito e sparendo presto in fondo alla via. Toile si stirò le gambe avvicinando poi la mano al muro di legno permettendo alla vedova nera nella sua mano di salirvi e scomparire in cerca di un buon punto per costruirsi una casa o qualche maschio da usare come pasto quotidiano. Tutto procedeva come stabilito, con sua enorme sorpresa dato che non aveva una gran fiducia in questi wakandani decaduti, e presto avrebbe potuto avere la sua vendetta. E magari smettere anche i panni mortali di Rémi Toile, immigrato haitiano amante del jazz n'blues e di Elvis. O forse no...dopotutto quella facciata umana lo divertiva e si stava quasi abituando a vivere in mezzo ai mortali. L'alcool era buono e la musica pure, inoltre il suo regno oramai puzzava di stantio e di insetti morti.

 

Omoro, seduto su una sedia, osservava T'Challa camminare avanti e indietro nella stanza con lo sguardo basso. Decise di attendere che fosse lui a parlare invece che interrompere quel silenzio drammatico con una delle sue osservazioni sarcastiche che sarebbe stata essenzialmente fuori luogo in quella atmosfera. Alla fine T'Challa battè le nocche sul tavolo in legno sintetico che aveva davanti ridestando l'attenzione del Capo dei servizi segreti wakandani.

<Direi di seguire la strada del N'doto[3]! La Rudyarda[4] c'entra sicuramente qualcosa e se non è opera loro di sicuro c'è dietro qualcuno che ha l'intelligenza e i mezzi per poter sintetizzare quel gas>

<Il che comprende praticamente qualsiasi persona con dei soldi e degli ottimi scienziati a sua disposizione. Un po’ pochino per restringere il campo> disse Omoro stavolta non riuscendo a non esser sarcastico.

<Non se può accedere a dei mezzi magici o soprannaturali. Dubito che un uomo normale possa far comparire un branco di iene in un appartamento di New York senza aver qualche potere o aver stretto un patto con qualche entità. E questo restringe sicuramente il campo>

<Si lo fa... Vuoi forse dire che dovrò andarmene in giro a cercare maghi e cartomanti?>

<No, tu farai il lavoro che ti è più consono. Voglio che alcuni nostri uomini si infiltrino in Rudyarda e cerchino di scoprire quanto più possibile. E voglio che sia tu a guidarli!>

<Bhè ci sono posti migliori per passare le vacanze ma vedrò cosa riesco a scoprire!> disse Omoro alzando le spalle. Sembrava quasi sollevato che T'Challa lo avesse "relegato" a ciò che sapeva fare meglio, al suo elemento. Spiare, infiltrarsi, intercettare...questo era ciò in cui lui sguazzava, le faccende da supereroi non erano roba per lui.

<...della questione "soprannaturale" me ne occuperò io. Dopotutto non si può dire che io non abbia conoscenze nel settore. Dobbiamo assolutamente sapere con chi abbiamo a che fare, e dobbiamo scoprirlo al più presto. Non tollero un attacco alla mia famiglia e non ammetto che possano verificarsene altri>.

T'Challa sbattè improvvisamente il pugno sul tavolo, che tremò sotto il peso del suo colpo, e per un attimo Omoro temette che si sarebbe rotto in due.  Il Re Pantera si lasciò dunque a sua volta cadere sulla sedia portandosi una mano al volto e stropicciandosi gli occhi. Aveva perso la calma per un momento ma tanto gli bastava per rimproverarsi.  Non era affatto da lui e questo lanciava improvvisamente una cupa ombra su tutta la situazione.

<...Vai Omoro e mandami notizie al più presto...ora vorrei restare da solo a riflettere...>

Con sollievo di T'Challa stavolta Omoro annuì e si alzò uscendo dalla stanza senza lanciare una delle sue solite battutine. Non sarebbe stato in grado di reggerne anche solo un’altra, non in quella situazione tesa e drammatica. Si ricordò di aver trascurato praticamente tutti i membri della sua famiglia da quando era tornato da New York. Aveva passato solo qualche minuto con Monica e in tutto quel susseguirsi di eventi non aveva avuto che qualche secondo anche per parlare con sua sorella Shuri. Decise che farlo ora probabilmente gli avrebbe fatto bene, avrebbe disteso i suoi nervi e avrebbe costituito una gradita pausa per poter ritemprarsi e recuperare la lucidità che gli serviva. Si alzò dalla sedia e aprì il portone notando però immediatamente che qualcosa non andava. I suoi sensi affinati come quelli del nero felino di cui portava il nome sembrarono entrare in allarme senza che riuscisse ancora a capirne il motivo. Omoro che ancora si trovava fuori dalla stanza vide T'Challa piegarsi in avanti con fare furtivo e subito tirò fuori dalla fondina la sua arma da fuoco affiancandosi al Re Pantera.

<Che succede?...> sussurrò appiattendosi contro il muro. T'Challa con dei rapidi gesti della mano gli indicò il corridoio illuminato dagli ultimi raggi di sole che ancora resistevano al tramonto e che filtravano dalle ampie finestre poste lungo tutta la parete destra. Con passo felpato i due avanzarono percorrendo il corridoio poi uno adiacente, mentre più camminavano più T'Challa comprendeva di starsi dirigendo verso la camera da letto che divideva con Monica. La cosa bastò a fargli accelerare il passo e quando si ritrovarono al cospetto di un gruppo di guardie stese al suolo sia lui che Omoro capirono che i sensi della Pantera non sbagliavano affatto. Non ci misero molto a irrompere nella enorme camera da letto, avendo oramai capito che la loro destinazione era quella. La finestra era spalancata, l'enorme letto era rovesciato e in un angolo Shuri giaceva stordita, la schiena poggiata contro il muro. T'Challa si fiondò subito ad aiutare la sorella, sollevandole delicatamente la testa e chiamandola cercando di farla riprendere.

<Shuri....Shuri mi senti?....>

Shuri emise un gemito quindi lentamente aprì gli occhi mettendo a fuoco suo fratello T'Challa. Solo un filo di voce, estremamente flebile, le uscì dalla bocca.

<...l'ha presa.....T'Challa...l'ha presa....>

Dopodichè la ragazza svenne ancora una volta e T'Challa la sollevò delicatamente tenendola tra le sue braccia voltandosi poi verso Omoro.

<Vai a chiamare Joshua![5] Che si prenda cura di Shuri! Io nel frattempo mi metterò sulle tracce del bastardo che...>

Allora T'Challa alzò lo sguardo e dietro le spalle di Omoro lo vide...Un messaggio scritto sul muro con del sangue fresco.

"Se vuoi rivedere la tua donna viva raggiungimi all'Antico Tempio del Dio Pantera. E' tempo che il Wakanda abbia un nuovo Re più capace e determinato".

T'Challa rimase a fissare per quasi un minuto quelle parole scritte sul muro. Non sapeva se il sangue con il quale erano state scritte fosse quello di Monica, ma con suo grande stupore riconobbe subito quella calligrafia. L'incredulità lasciò però quasi immediatamente il posto alla rabbia. I lineamenti di T'Challa si aggrottarono assumendo un’espressione così feroce, come Omoro non ne aveva mai viste sul suo volto. Prima ancora che potesse dirgli qualcosa, T'Challa gli passò delicatamente il corpo esanime di Shuri quindi senza preavviso spalancò la porta iniziando a correre all'impazzata lungo il corridoio.

 

Monica Lynne aveva passato comprensibilmente ancora una volta la giornata in uno stato di forte disagio. T'Challa era tornato ma era stato troppo preso dal funerale di suo cugino per poterle dare più di qualche minuto di attenzione. Era stata una strana sensazione, sentirsi così sola nonostante lui fosse a pochi passi da lei. Soprattutto poi, Monica aveva faticato a decidere come comportarsi alla cerimonia. Aveva avuto una sola occasione di incontrare T'Shan e sapeva che lui e T'Challa non andavano nemmeno troppo d'accordo, dunque non si era sentita totalmente in grado di manifestare il suo dolore per la sua morte. Il che doveva essere apparso quanto mai sconveniente e Monica ripensò alle occhiatacce che qualcuno le aveva lanciato anche durante la funzione funebre. Avrebbe voluto sprofondare il viso nel cuscino e piangere, nonostante le parole che Ramonda le aveva rivolto, il peso di tutto quel pregiudizio nei suoi riguardi si faceva sempre più gravoso ogni giorno che passava. Si lasciò cadere sul letto poggiando la testa sul soffice cuscino e fissando il soffitto sul quale erano rappresentate in uno stile di disegno molto tribale alcune scene della vita delle precedenti Pantere che avevano vestito quell'abito prima di T'Challa. Assorta nell'osservarle a Monica esse sembrarono quasi prender vita e per un minuto si perse nelle gesta degli avi del suo futuro marito che avevano fatto tanto per difendere quell'inviolabile paese da tutti gli invasori esterni. Per quel lasso di tempo sembrò persino dimenticare le sue preoccupazioni e solo l'improvviso spalancarsi della enorme porta della camera da letto la ridestò da quello stato di torpore. Shuri fece capolino ma quando vide Monica si bloccò quindi tossicchiando imbarazzata fece per richiudere la porta.

<Scusami...pensavo fosse camera mia...>

Monica si tirò a sedere sul letto cingendo le ginocchia con le braccia e scosse la testa.

<Di nulla...non mi hai disturbato...>

Shuri fece all'inizio per chiudere la porta e andarsene ma rimase lì sulla difensiva, prima di tornare cautamente a parlare.

<Questo palazzo è così grande che fatico sempre a trovare la mia stanza...>

<Non me lo dire> rispose Monica <non credo che riuscirò mai davvero ad abituarmici, cioè, ho sempre vissuto in un appartamento e ora… un Palazzo Reale!? Chi poteva aspettarselo?>

Shuri fece un debole sorriso quindi alla fine chiuse si la porta ma rimase nella stanza andando a sedersi sul letto.

<Ho la stessa sensazione anche io. Cioè ho vissuto quasi tutta la mia vita fuori dal Wakanda e per me tutto questo è nuovo quanto lo è probabilmente per te>

Le parole le erano uscite rapide come un fiume in piena. Forse trovava ancora strano parlare con Monica, d'altronde era sempre stata piuttosto schiva sin da quando era tornata. Monica tirò un lungo sospiro tornando a fissare il soffitto.

<Almeno tu non devi fare tutti i giorni i conti con... tutta questa ostilità! Mi sento sempre osservata, sempre giudicata, sempre... odiata... e T'Challa non è quasi mai qui con me...>

Si portò le mani al volto come se si fosse sentita mortalmente in colpa per le ultime parole che le erano uscite dalla bocca e Shuri rimase in silenzio, imbarazzata, non sapendo cosa dire. Alla fine Monica scosse la testa facendo un gesto di noncuranza con la mano.

<Scusami....a volte parlo a vanvera...>

Shuri stava per risponderle quando improvvisamente le due sentirono delle urla provenire dal corridoio e si bloccarono, come pietrificate. Un sordo rumore come di qualcosa che sbatteva contro il portone le fece trasalire e Shuri si pose subito sulla difensiva. Nonostante avesse passato molto tempo all'estero ciò non significava che non fosse preparata come tutti i membri del Clan della Pantera, nel combattimento corpo a corpo. La sua famiglia si era assicurata che pure lei eccellesse nelle arti marziali, d'altronde come tutti i membri del Clan sarebbe potuto capitare che dovesse rivestire lei stessa i panni della Pantera Nera. Il portone fu improvvisamente sconquassato da alcuni colpi violenti e alla fine si spalancò mentre alla vista della figura che si stagliò sulla soglia, l'orrore salì come un brivido lungo le schiene di Shuri e Monica. Davanti a loro c'era un cadavere ancora grondante terra che faceva saettare i suoi occhi dall'una all'altra concentrandosi quindi sulla sola Monica. La pelle seppur fosse quella di un uomo di colore aveva anche il leggero pallore di chi è morto annegato e ha passato diverso tempo sott'acqua. Fu questo che fece capire subito alle due chi avevano davanti. T'Shan anche se sembrava impossibile era uscito dalla sua tomba e ora avanzava verso di loro come uno zombie o un novello Frankenstein. Nonostante la visione di quell'essere la atterrisse, Shuri senza quasi pensarci scattò verso di lui provando ad assestargli un pugno all'altezza delle costole. T'Shan però non sembrò affatto impressionato e prima ancora che Shuri potesse affondare il colpo, la rispedì indietro con il palmo della mano. A Shuri sembrò di esser stata colpita da un maglio, e senza quasi neanche accorgersene si ritrovò a sbattere violentemente contro il muro. Ricadde bruscamente al suolo restando lì distesa con la vista annebbiata e la testa che le pulsava per il dolore. In quell'unico, semplice colpo, T'Shan aveva impresso una forza spaventosa, anormale per qualsiasi essere umano ordinario. Il morto vivente non sprecò che qualche secondo per osservare il risultato del suo operato, quindi puntò di nuovo verso Monica mentre sul suo volto si allargava un ghigno orribile e bramoso.

<Non puoi opporre resistenza… Facciamola facile e prometto di non torcerti un capello...per ora...>

Monica trasalì e scagliò uno dei cuscini contro T'Shan ma questi rimase lì impassibile mentre gli rimbalzava addosso. Scoppiò dunque in una risata gutturale e afferrata una gamba dell'enorme letto lo rovesciò senza sforzo. Monica piombò a terra, sbalzata battendo violentemente il bacino al suolo. La ragazza provò ad urlare ma T'Shan le pose senza troppe cerimonie una mano davanti alla bocca, costringendola a fare silenzio.

<Il palazzo è enorme ma non vorrei comunque che le orecchie indiscrete del tuo amato ci udissero prima del dovuto>

Con la mano libera sfilò una delle coperte da sotto il letto e ignorando la strenua resistenza di Monica, la usò per avvolgerla ben stretta in maniera che non potesse muoversi più del necessario e vedere dove erano diretti. Si voltò nuovamente verso Shuri, notando compiaciuto che la ragazza aveva perso i sensi, quindi si concentrò su uno dei muri della stanza. Si morse il dito così forte che una goccia di sangue sgorgò dal pollice. Soddisfatto cominciò a tracciare delle lettere sulla parete con il sangue e quando ebbe concluso aprì la finestra e con Monica sotto braccio si lanciò nel vuoto.

 

Quando dopo un infinita corsa in cui fu sballottata violentemente più volte, Monica fu liberata dalla coperta che la avvolgeva desiderò quasi di raggomitolarsi di nuovo dentro di essa. Si trovava in un enorme tempio buio illuminato solo da torce e che emanava un acre odore di putrefazione. Ansimante cercò di mettere a fuoco ciò che c'era attorno a lei e non appena le figure che la circondavano vennero alla tremolante luce emessa dalle torce lanciò un urlo di terrore. Attorno a lei c'erano cadaveri semoventi con gli arti che si tenevano assieme per miracolo. Giganteschi marabù con i becchi grondanti sangue e iene dai denti ingialliti e il pelo pulcioso che emettevano lugubri risatine forse pregustando le sue carni. Su qualsiasi sporgenza si trovasse sul muro erano appollaiati mostruosi avvoltoi molto più grandi del normale che facevano schioccare i loro becchi come se fossero delle macabre nacchere. Uomini vestiti con pelli delle stesse iene e con grosse maschere di leone in legno che ogni tanto tenevano a bada con delle lunghe lance gli animali e le mostruosità che cercavano di avvicinarsi un po’ troppo alla ragazza. Monica strisciò indietro tenendo le mani davanti al volto ma accorgendosi con un rapido sguardo di non avere alcuna via di fuga. Una iena cercò di azzannarle il braccio ma ecco che uno degli uomini mascherati da leone vibrò un colpo con la sua lancia colpendola direttamente sulla testa e facendo indietreggiare, guaendo, l'animale. Un rullo di tamburi attirò improvvisamente l'attenzione di tutti e più di mille sguardi si voltarono verso T'Shan che dopo aver disceso una scalinata di pietra avanzava verso il gruppetto chiedendo che gli si facesse largo. Gli uomini iena cominciarono a urlare alle bestie in una lingua sconosciuta intimando loro di fare passare il cadavere che un tempo era stato cugino di T'Challa e gli spazzini si fecero indietro pur se tra mille proteste ringhiate e schiamazzate. T'Shan avanzò verso Monica che rimase impietrita a guardarlo. Aveva indossato delle sudicie vesti che sembravano la caricatura di quelle reali che a volte T'Challa portava nelle cerimonie importanti, e che sventolavano leggermente attorno alle sue gambe. Allungò una mano verso Monica e lei si tirò in piedi indietreggiando disgustata, ma uno degli uomini iena la spinse violentemente in avanti facendola finire direttamente tra le braccia di T'Shan. Questi la afferrò saldamente costringendola a sollevare il volto e a guardarlo dritto in faccia.

<Puoi ribellarti quanto vuoi ma ciò non farà alcuna differenza. Te ne starai qui buona buona finchè il tuo amato T'Challa non verrà qui per salvarti! E se solo oserai fare qualcosa di stupido chiederò a queste bestie di rosicchiarti le gambe fino a spolpartele!>

Monica cercò ancora una volta di divincolarsi ma T'Shan le strinse i polsi fino a farla gemere per il dolore.

<Ma cosa...vuoi? Cosa vuoi da noi???> chiese Monica con gli occhi lucidi di lacrime. T'Shan scoppiò in una risata reclinando all'indietro la testa mentre le sue membra morte venivano scosse dalle convulsioni causate dall'ilarità

<Da te? Proprio nulla...da T'Challa? Il trono…. il suo trono… la sua vita… e tutto ciò che gli è caro!!>

 

Note:

1- Uno dei clan nomadi che mettono spesso in pericolo la sicurezza del Wakanda. Sono comparsi recentemente in un ciclo dei Fantastici 4 e ho deciso di riadattarli per le mie storie rendendoli gli adoratori del Dio Iena. Ossessionati dalle cose morte come gli spazzini di cui portano l'effige sono di base persone meschine e calcolatrici.

2- "Tela" in francese.

3-Gas rudyardano usato per scatenare incubi e allucinazioni nelle vittime, usato per torture, interrogatori e come mezzo deterrente. T'Challa ne ha avvertito i residui sulla "scena del crimine" quando ha indagato sulla sparizione di suo cugino.

4-Paese confinante con il Wakanda afflitto da una guerra civile e un tempo da un sistema basato sull'apartheid.

5-Joshua Itobo, figlio di uno dei fratelli di T'Chaka (il padre di T'Challa), laureato in medicina. Svolge l'attività medica nelle jungle wakandane e ha fatto in passato parte dei Moschettieri Neri.